Ass. L'ARCA Odv

L'Arca l'altra cittò

L’ARCA: l’altra città

Dopo quasi un anno di chiusure, lockdown più o meno forzati e dcpm a non finire ci ritroviamo ancora una volta a Natale. In tv, sui giornali, sui social si scatenano giudizi, polemiche e proteste perché questa festa sembra non sia possibile festeggiarla se non a base di cenoni più o meno partecipati e con una Messa celebrata rigorosamente a mezzanotte. Vedremo come andrà a finire, ma per noi dell’Arca il Natale non può essere ridotto ad una celebrazione laica ed a un ritualismo sterile. Ci sembra che sia molto di più di questo, non che pranzi o Messe notturne non siano gesti più che desiderabili per le feste, ma non sono loro che fanno Natale. In questo giorno ricordiamo, anzi facciamo memoria, della nascita di Cristo, del Mistero grande che ha fatto tutto e che si è fatto carne. Come ci ha ricordato durante il primo lockdown Don Valtere appendendo un bel cartellone fuor di chiesa con sopra una frase di San Bernardo: “volle venire Colui che si poteva accontentare di aiutarci”. Non gli bastava infatti “dare una mano” doveva mescolarsi, implicarsi con la nostra povera umanità, partecipare a tutto il nostro limite. Così infatti fanno gli innamorati. Nasce Gesù e da duemila anni rinasce dentro le miserie ordinarie e straordinarie che stiamo vivendo per dire che c’è speranza. Ma non una speranza che tutto andrà bene (augurio che ci facciamo volentieri ma di cui non sappiamo nulla), un’altra speranza. Quello che accade a Natale è la memoria che non siamo soli, non siamo abbandonati, che tutto ciò che facciamo fa parte di un cammino, a volte anche faticoso e doloroso, certamente, ma un cammino. Camminare insieme è qualcosa di diverso, molto diverso, dal vagabondare o dall’errare senza meta: camminare significa sapere dove si sta andando. Per noi tutti c’è la possibilità di scegliere se errare o camminare verso una meta. La speranza è sapere che c’è la meta, un Destino buono per cui siamo stati fatti e che il cuore di ogni uomo desidera. Approfittiamo del Natale per ricominciare, perché dentro il presepe c’è l’inizio del mondo nuovo. Proprio lì nel punto in cui sembra meno probabile, scaturiscono i cieli nuovi e la terra nuova che ci è stata promessa. Anzi come ci ricorda Don Giussani nel Volantone di Natale 2020 «… Non c’è niente di inutile, non c’è niente di estraneo, nasce un’affezione a tutto, tutto, con le sue conseguenze magnifiche di rispetto della cosa che fai, di precisione nella cosa che fai, di lealtà con la tua opera concreta, di tenacia nel perseguire il suo fine; diventi più instancabile. Realmente, è come se si profilasse un altro mondo, un altro mondo in questo mondo».
Forse questo Natale 2020, necessariamente più povero, più spoglio, ci viene donato per darci la possibilità di riandare all’essenza del Mistero della nascita di Gesù: privati (solo parzialmente) del superfluo siamo di nuovo chiamati a decidere tra i buoni sentimenti che per la Befana sono già finiti o la speranza certa di un Destino che ci attende a braccia aperte alla fine del cammino. Un nuovo mondo, appunto.

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